02 agosto 2021

A Enzo Mari

Ho recentemente visitato alla Triennale di Milano la mostra dedicata a Enzo Mari e ai suoi 60 anni di attività progettuale nel design, nell'arte, nell'architettura, nella grafica e più in generale alle sue riflessioni teoriche su queste discipline. Una mostra vasta, esauriente, interessante.
Per una strana coincidenza EM moriva due giorni dopo l'inaugurazione dell'esposizione (ottobre 2020), stroncato dalle complicazioni del Covid-19, come se si volesse negare a questa celebrazione che aveva accettato ma forse con una certa riluttanza.

Lo ebbi come insegnante alla scuola di grafica dell’Umanitaria tanti anni fa e già allora come professore preferiva assestare agli studenti delle secche frustate, metaforicamente parlando, piuttosto che comprensivi consigli. Per carità niente di non sopportabile e forse anche necessario ai fini didattici. Era fatto così e non portava neanche la barba, allora non si usava.

Comunque quando si conosce un professionista di questo valore poi lo si segue, o meglio: lo si osserva sempre un po’ anche dopo, magari da lontano, per curiosità, per stima o semplicemente perché è stato un incontro del nostro passato.

Il termine che più lo ha caratterizzato è sicuramente “rigore”, e mi fece molto sorridere una sua affermazione durante una delle tante interviste sulla professione del designer dove definiva la “creatività”, intesa come fantasia, trasgressione, desiderio di stupire, come la vera porta dell’inferno che si spalanca davanti al progettista fino ad inghiottirlo. Una metafora che ben spiega, meglio di tante dotte pagine, il suo pensiero e il suo metodo di lavoro.

È sempre lui nelle tre foto in alto: quando lo conobbi da studente; trasformato in progettista militante; anziano e disincantato osservatore del mondo.

Un bel progetto degli anni Sessanta: un calendario perpetuo a cavallo tra design e grafica.